Full text: [Lib. I] (1)

LIBRO 1. 
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„te e propria agli effetti di ciascuno. L'austerità dei santi, 
„che nella vita solitaria si sono macerati in digiuni, vigilie 
„et orationi, ricerça sodi et inculti lavori. La semplicità e 
„purità verginale, piu gentili e delicati: e similmente la mo¬ 
„derata vita ricerca la températura dell'una e dell' altra 
„parte” 
Il Barbaro ha detto qualche cosa, ma non ha detto ab¬ 
bastanza. E da tenersi il principio di Vitruvio, cioè che nel¬ 
la edificazione dei sacri tempj devono aversi sempre di mira 
stazione, usanza, natura. Ma la nostra stazione è ancora in¬ 
certa, la usanza affastellata da mille barbari pregiudizj, la 
natura spesso obbliata. Ciò prova pur troppo che la moder¬ 
na architettura si è introdotta ed avanzata nei secoli dell'i¬ 
guoranza, e che, essendosi dal tempo fatto un miscuglio del¬ 
le regole, degli usi e costumi delle nazioni antiche con quel¬ 
li della gente del medio evo, non si ebbe in appresso il co¬ 
raggio, né la forza di tutto abbattere per riordinare ogni co¬ 
sa dietro le leggi eterne del bello. Per questa ragione un 
intelletto consumato nella perfezione delle arti antiche vede 
çon istupore la testa di S. Pietro sul busto di Giove, e i san¬ 
ti operatori delle nostre divine virtù nelle nicchie delle di¬ 
vinità simboliche del Gentilesimo ; vede in un tempio l'alta¬ 
re di un santo o d’una santa collocata nel mezzo, e ad uno 
dei lati quello di Dio, e della Vergine, e mille altre impro¬ 
prietà e sconvenienze. Quando una mente giusta ed infor¬ 
mata del bello ideale si pasce nella contemplazione delle ar¬ 
ti greche non intende ella che i costumi, nè le applicazioni 
di quelle arti sieno per noi : ella riconosce solamente in es¬ 
se la pittura fedele dello stato fisico intellettuale e morale 
di quella nazione. In mezzo a tutto ciò ella riconosce anco¬ 
ra che quelle arti perfezionate secondo lo stato della Grecia 
antica male couverrebbero per le differenti loro particolaritä 
ai secoli nostri e che per ciò che spetta ai riti e ai costumi 
tutto dev'essere cangiato. Ma alcune cose sono comuni a tut¬ 
te le nazioni e perpetuamente durevoli : e queste dobbiamo 
pur apprenderle da quelle nazioni che più di tutté si avvi¬ 
cinarono alla perfezione. 
L'architetto che getta gli occhi su questo luogo di Vi¬ 
truvio dee badar bene prima di tutto alla stazione, ossia for¬ 
ma e figura conveniente del tempio, indagare le consuetudi¬ 
ni, non assurde ma ragionevoli, del popolo per cui egli fab¬ 
brica, ed eleggere dalla natura il sito che si conformi alle 
qualità di quel personaggio divino a cui egli brama di eri¬ 
gere l’edifizio. Sopra tutto egl' impari da Vitruvio a non 
mescolar in un tempio soggetti di differente carattere: sicco¬ 
me Vitruvio non unisce in un edifizio solo Giove e Flora, 
Minerva e Bacco, Diana ed Ercole, ma dispone ciascheduno
	        
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