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GIUNTA I.
Sullo stato primitivo della società umana.
Le prime invenzioni degli uomini giunsero all'età de'fi¬
losofi con tale incertezza di origine, che questi ultimi dovet¬
tero gettarsi nel campo immenso delle congetture per rin¬
tracciarne la storia. L'impressione che gl'inventori delle co¬
se utili fecero sulla moltitudine destò naturalmente in questa
tale grado di ammirazione che giunse ad invaghire l' amor
proprio e l'interesse medesimo dei benefattori del genere u¬
mano, talmentechè si ravvolsero essi nel mantello delle fa¬
vole per poter più ampiamente e securamente dominar sui
mortali. Perciò noi non troviamo che ipotesi nelle narrazio¬
ni degli antichi filosofi intorno ai primi elementi delle arti,
nel numero delle quali ipotesi è anco la presente di Vitru¬
vio sull'origine dell'umano consorzio. Le cognizioni della
natura delle cose non si erano avanzate niente di più di
quel che fossero al tempo di Platone, di Aristotile, di De¬
mocrito. Tito Lucrezio Caro, alla filosofia dominante del
quale attinse Vitruvio, non avea nulla aggiunto alla scienza:
e il suo gran merito non istà che nell'aver espresso colla
bellezza delle descrizioni, e colla magia dello stile la fisica
epicurea. Egli fu l'espositore dei fenomeni; non già lo sco¬
pritore delle cause. Però a giustificazione degli antichi é da
confessare che loro mancarono i sondamenti per poter giun¬
gere alla conoscenza delle principali verità istoriche del ge¬
nere umano : e se alcuni fra loro diedero qualche ipotesi ra¬
gionevole, fu questa, anzichè da fatti certi, desunta da pro¬
fonde osservazioni sulla natura dell'uomo. All'incontro i
moderni, più felici degli antichi ebbero la sorte di poter
avvicinarsi alla cognizione delle fonti quasi primitive, dalle
quali procedette l' origine della società del genere uma¬
no. La scoperta dell'America aperse gli occhi sopra molti
punti, che prima erano involti nell'oscurità e nell'incertez¬
za. In quel nuovo mondo gli uomini si mostrarono quali